Bertinotti confessa in una chiaccherata con Riccardo Barenghi su La Stampa di non sapere neppure «quale legge elettorale voglia Romano». Prodi non chiarisce ma ribadisce di ritenere «molto importante» il lavoro in corso nella Commissione Affari costituzionali di Montecitorio. Su quale opzione? Niente, non risponde sul modello - se "francese" o "tedesco" - preferito di nuova legge elettorale ma più complessivamente sulle riforme istituzionali. Perché per lui vanno fatte assieme, senza repentine accelerate. Dunque: «Un'unica Camera che dà la fiducia al governo»; il Senato delle autonomie; la riduzione del numero dei parlamentari e maggiori poteri al premier.
Sulla legge elettorale, l'unica sottolineatura è che serve una convergenza, un sì bipartisan. Quindi il no di Berlusconi di ieri rischia di pesare come un macigno. Ma se Silvio Berlusconi chiude la porta al dialogo sulle riforme- si limita a rimarcare Prodi - se ne dovrà assumere le responsabilità.Rispondendo a una domanda sullo stop annunciato dal leader di Fi, il premier Romano Prodi avverte: «Ciascuno si assume le responsabilità della posizioni che prende. Se Berlusconi è contrario alla riforme, è contrario alle riforme. Punto».
Del resto Prodi spiega poi che «non è possibile l'approvazione della legge elettorale con una piccola maggioranza e una grande minoranza, altrimenti si ricomincia da capo e ogni cambiamento del governo spinge verso una nuova legge elettorale. E questo non è compatibile con la stabilità, che deve essere l'obiettivo della nuova legge».
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fonte:l'unita
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