12.1.07

I cittadini si arrendono alla sconvolgente verità



«Hanno confessato». La voce corre di bocca in bocca. Si sparge, si moltiplica, invade la città, sconvolge la gente. Mina certezze, conferma dubbi, getta nel panico. Chiude un incubo, ne apre un altro. «Hanno confessato». Gli assassini sono di Erba. E così, tutti coloro che fino a mercoledì sera erano «convinti che Olindo e la moglie non c'entrano nulla» perché «non può essere qualcuno di Erba», ieri si sono ricreduti.
«Hanno confessato». Morbosità e curiosità sono separate da un crinale sottile, sorta di passerella per chi ieri passeggiava nel cortile della strage. I più discreti davano un'occhiata. I più morbosi entravano, scattavano fotografie col cellulare.
Il paese si è arreso con Olindo Romano e Rosa Bazzi. Loro, gli autori della strage, hanno ceduto alla pressione degli inquirenti e hanno confessato. Erba si è arresa a quella confessione. Ha preso atto che il 'mostro' non arrivava 'da fuori', come forse aveva sperato.
Tutto ciò ha scatenato una reazione decisa, quasi violenta. In mattinata sono comparsi tre cartelli sui cancelli di via Diaz: «Non ci sono parole per l'atto che hai compiuto».
E ancora: «Siete bestie, e vi devono dare in pasto ai detenuti». Un terzo messaggio inveisce contro Olindo Romano, con parole che forse è meglio non riportare. Sembravano messi apposta per i media: altrimenti, perché appenderli lì, sapendo che i Romano certo non sarebbero usciti dal carcere per vederli' Forse perché gli autori volevano far arrivare il messaggio ai due coniugi, sfruttando la presenza fissa in via Diaz di telecamere e obiettivi.
LA PROCESSIONE
Giovedì, Erba, giorno di mercato. La piazza è stracolma, ma per molti la passeggiata tra le bancarelle è solo un pretesto. Tutti vogliono vedere ancora una volta la corte di via Diaz. Vogliono vedere dove abitavano gli assassini, quasi come per rendersi conto che sono persone qualsiasi. Sono 'vicini', come tutti ne hanno e con i quali tutti avranno avuto almeno una volta un battibecco.
«Ho vergogna d'essere erbese, mi si rivolta lo stomaco. Stamattina (ieri, ndr) quando ho sentito la notizia della confessione, mi sono sentita male». «Ora ho paura persino dei miei vicini. Nessuno pensava che gli assassini potessero essere del paese». «I bambini non vanno toccati». Incredulità, sdegno, orrore. Tutti hanno qualcosa da dire, ora che tutto è finito. «Sono contento che il colpevole non sia il tunisino - confida Moustafà, un extracomunitario erbese - altrimenti avrebbero iniziato a guardar male tutti gli stranieri».
I commenti si moltiplicano. Davanti al cancello gruppi di cittadini si scambiano opinioni. Banalità, in molti casi. Ma è normale. Poi i battenti di ferro si aprono, e la curiosità rompe gli argini, invade il cortile: decine di persone entrano, passeggiano, si fermano a guardare la casa della strage e quella dei Romano. Osservano il camper della coppia. Qualcuno arriva persino a fotografare col telefonino l'ingresso della casa degli orrori, chissà poi per farne cosa. A un certo punto, i residenti si scocciano. Troppi curiosi, troppi giornalisti. Chiamano i carabinieri, che fanno accomodare tutti fuori dai cancelli. Lo show è finito.
IN COMUNE
Da via Diaz al municipio sono cinque minuti di cammino. Si passa dalla gente all'istituzione. Da chi è amministrato a chi amministra, ed è chiamato a dare risposte.
«Una tragedia simile segna la storia della nostra città». Sta uscendo dal municipio, mentre pronuncia queste parole. Enrico Ghioni, sindaco di Erba, che negli ultimi giorni è rimasto ai margini delle cronache. «Ho evitato di fare commenti, fino al provvedimento definitivo c'è la presunzione d'innocenza». Parlare d'innocenza con una confessione fresca è difficile. «La strage ci ha sconvolti, indipendentemente dal colpevole. Bastava guardare le facce della gente. Non impaurita, ma sgomenta per l'efferatezza del delitto. In cent'anni a Erba si sono verificati tre fatti di sangue, questo compreso».
Ghioni ha cercato di informarsi su Rosa Bazzi e Olindo Romano. Scoprendo «due persone normali. Olindo lavorava e la moglie non aveva mai creato problemi, al di là di un carattere forse un po' difficile». E Azouz' Fino a pochi giorni fa la città lo riteneva indirettamente responsabile. «Questa lezione deve servire a chi, superficialmente, aveva subito pensato a lui».
Lui, Marzouk, ieri mattina era in Comune per sbrigare le pratiche della sepoltura di moglie e figlia. Si è fermato a chiacchierare con Giorgio Meroni, il consigliere comunale dello Sdi che l'ha sposato con Raffaella. «Sono contrario alla pena di morte - ha detto Meroni - ma in questi casi bisognerebbe pensarci». E in via Diaz non manca chi augura ai killer la stessa fine di Saddam Hussein.

Andrea Bambace


Nella foto: Una donna deposita un mazzo di fiori davanti all'abitazione della famiglia Castagna, in via Diaz a Erba

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